08/02/17

Quod scripsi, scripsi




Non volendo lavarmene le mani come l’ignavo Pilato, ritengo opportuno aprire una piccola finestra su “quello che le donne non dicono confessandovi le mie perplessità e i miei timori nell’intraprendere la scrittura di Oltre il Mio Destino.

Vi confesserò apertamente che non è stato facile scrivere per altri, soprattutto per una come me che è legata alla scrittura intimistica, ossia rivolta più che altro a sé stessa in senso catartico e maieutico; scrivere è un bisogno di chiarire pensieri, idee e fatti, di approfondire lo scavo stratigrafico.

È un impulso pirandelliano da 6 personaggi in cerca d’autore. Spesso personaggi o storie si affollano nella testa in modo casuale ed imprevisto, riempiendo spazi sinché non vengono espulsi su carta per dimenticarli per sempre.

Sembra un po’ assurdo, ma per chi ha l’esigenza di scrivere non è così inusuale, anzi.
Più facile per me la scrittura scientifica, l’archeologia è una scienza per chi non lo sapesse, per i progetti in cui credo o per i blog, meno per diletto, sebbene una piccola silloge di racconti brevissimi, pillole da metropolitana l’ho pubblicata in ebook, Absentia

Ma scrivere un romanzo lungo, che è vita vissuta davvero da altri è complicato e molto diverso.

Di tumore non avevo una conoscenza approfondita, non che ne fossi a digiuno, purtroppo non è possibile esserne totalmente analfabeti, è una malattia che fa parte, dipende solo dal ruolo, praticamente della vita di ognuno di noi. Per scrivere, però, dovevo scendere più in profondità attraverso le parole e l’esperienza di Elena e non è stato un viaggio leggero, sebbene intenso e profondo e per questo ringrazio Elena per avermi invitata a farlo.

L’amicizia e il rispetto, inoltre, erano zavorre per i miei dubbi perché mi aumentavano la preoccupazione circa  la riuscita del “progetto libro”: un conto è scrivere, un altro è centrare l’obiettivo, confezionare un lavoro che non sia il proprio riflesso ma quello dell’anima altrui.

Bisognava fare dei passi indietro oscurando quanto possibile la mia identità scrivente, sebbene segni ed indizi della mia presenza li ho lasciati qua e là in citazioni e metafore a me care. Era necessario tuffarsi in un transfert che si allineasse all’Io di Elena e potesse affondare nell’ascolto del detto e dell’omissis, per i cogliere i singoli gesti, gli sguardi, i silenzi, la commozione frenata e i respiri che tanto sanno dire, che scendono nel profondo per svelare e al contempo proteggere tutto quello che non si può confessare.

Credo che il metodo archeologico che mi appartiene di formazione, quello che si basa sull’analisi stratigrafica ordinata in un matrix temporale e relazionale, sia fondamentale per capire l’animo umano, quanto un sito del passato. La stratigrafia mi ha sicuramente aiutata ma nulla si sarebbe potuto fare senza la fiducia che Elena mi ha concesso, piena e totale.

La sua capacità di squarciare i veli, i pensieri più profondi mai esternati, di avere il coraggio di rispondere ad ogni domanda, di non celare dolore e gioia mi hanno permesso di superare anche la paura di deludere le sue aspettative, che sono sempre più grandi se vi è anche l’amicizia.


Non sono io a poterlo dire, però, con piacere, per dovere di cronaca, registro i tanti commenti positivi che i nostri lettori e lettrici fanno alla struttura del libro, segno che il lavoro di squadra ha dato qualche frutto

Barbara








Immagini My Flick Albums  (Barbara Saccagno)

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