Non volendo lavarmene le mani come l’ignavo Pilato,
ritengo opportuno aprire una piccola finestra su “quello che le donne non dicono” confessandovi le mie
perplessità e i miei timori nell’intraprendere la scrittura di Oltre il Mio Destino.
Vi confesserò apertamente che non è stato facile scrivere per altri, soprattutto per una come me
che è legata alla scrittura intimistica,
ossia rivolta più che altro a sé stessa in senso catartico e maieutico; scrivere è un bisogno di chiarire pensieri,
idee e fatti, di approfondire lo scavo
stratigrafico.
È un impulso pirandelliano
da 6 personaggi in cerca d’autore.
Spesso personaggi o storie si affollano nella testa in modo casuale ed
imprevisto, riempiendo spazi sinché non vengono espulsi su carta per
dimenticarli per sempre.
Sembra un po’ assurdo, ma per chi ha l’esigenza di scrivere
non è così inusuale, anzi.
Più facile per me la scrittura scientifica, l’archeologia è una
scienza per chi non lo sapesse, per i progetti in cui credo o per i blog, meno per diletto, sebbene una
piccola silloge di racconti brevissimi, pillole da metropolitana l’ho
pubblicata in ebook, Absentia
…
Ma scrivere un
romanzo lungo, che è vita vissuta davvero da altri è complicato e molto
diverso.
Di tumore non avevo una conoscenza approfondita, non che ne
fossi a digiuno, purtroppo non è possibile esserne totalmente analfabeti, è una
malattia che fa parte, dipende solo dal ruolo, praticamente della vita di
ognuno di noi. Per scrivere, però, dovevo
scendere più in profondità attraverso le parole e l’esperienza di Elena e non è
stato un viaggio leggero, sebbene
intenso e profondo e per questo ringrazio Elena per avermi invitata a
farlo.
L’amicizia e il
rispetto, inoltre, erano zavorre per i miei dubbi perché mi aumentavano la
preoccupazione circa la riuscita del “progetto
libro”: un conto è scrivere, un altro è centrare
l’obiettivo, confezionare un lavoro che non sia il proprio riflesso ma quello
dell’anima altrui.
Bisognava fare dei passi indietro oscurando quanto possibile la mia identità scrivente, sebbene segni ed indizi della mia presenza li ho
lasciati qua e là in citazioni e metafore a me care. Era necessario tuffarsi
in un transfert che
si allineasse all’Io di Elena e
potesse affondare nell’ascolto del detto e dell’omissis, per i cogliere i singoli gesti, gli sguardi, i silenzi, la commozione frenata
e i respiri che tanto sanno dire, che scendono nel profondo per svelare e
al contempo proteggere tutto quello che non si può confessare.
Credo che il metodo
archeologico che mi appartiene di formazione, quello che si basa
sull’analisi stratigrafica ordinata in un matrix
temporale e relazionale, sia
fondamentale per capire l’animo umano, quanto un sito del passato. La
stratigrafia mi ha sicuramente aiutata ma
nulla si sarebbe potuto fare senza la fiducia che Elena mi ha concesso,
piena e totale.
La sua capacità di
squarciare i veli, i pensieri più profondi mai esternati, di avere il coraggio
di rispondere ad ogni domanda, di non celare dolore e gioia mi hanno permesso
di superare anche la paura di deludere le sue aspettative, che sono sempre
più grandi se vi è anche l’amicizia.
…
Non sono io a poterlo dire, però, con piacere, per dovere di
cronaca, registro i tanti commenti positivi che i nostri lettori e lettrici
fanno alla struttura del libro, segno
che il lavoro di squadra ha dato qualche frutto…
Barbara
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